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Paesaggio e inquadramento storico e archeologico

Il territorio di Camigliano risulta frequentato sin dall’epoca preistorica ma è in epoca romana che presenta le attestazioni più significative. La nascita del nucleo storico si data all’epoca medievale ed è strettamente connesso alle vicende storiche della vicina Capua.


Descrizione

 

Nella porzione settentrionale della provincia di Caserta, a nord del fiume Volturno, si estende una vasta zona caratterizzata da terreni molto fertili e ricchissima di coltivazioni; (definita dai confini naturali del Monte Maggiore e del fiume Savone e da quelli giuridico-amministrativi del Campus Stellatis, dell’Ager Falernus e del territorio di Casilinum), quest’area in età romana ricadeva nel territorio della colonia latina di Cales.

L’estremo limite nord-orientale dell’ager Calenus è rappresentato da una vallata circondata quasi interamente da colline che, per una superficie complessiva di circa 6 kmq, oggi costituisce il territorio del comune di Camigliano con annessa la sua frazione Leporano.

Il versante settentrionale del territorio di Camigliano è dominato dalle propaggini sud-occidentali del Monte Maggiore che, nell’area di pertinenza del comune, prendono il nome di Monte Pozzillo e Monte Calvento; si tratta di rilievi di natura calcarea, interamente ricoperti da vegetazione selvatica e fitti boschi, principalmente querceti, quasi del tutto inviolati. Monte Pozzillo, il più alto tra questi rilievi (535 m) e limite sud-occidentale del territorio, sovrasta tutta la vallata di Camigliano, costituendo un punto di riferimento per chi vi giunge da sud. Il monte è caratterizzato da pendici scoscese e da profondissime ed impervie gole che favoriscono il convogliamento naturale delle acque meteoriche verso il Rio Maltempo, un fiumiciattolo di esigua portata che rappresenta il confine naturale con il comune di Pastorano.

Proseguendo verso est è Monte Calvento, di 415 m di altezza, che chiude sul versante settentrionale la collinetta di Leporano con il suo santuario cinquecentesco, vero e proprio emblema del posto; dedicato a Maria Santissima Ad Rotam Montium, il cui culto, come suggerito dal toponimo, è ispirato proprio a questo monte. Il versante nord-orientale del territorio è segnato da Monte Castellone La Colla (241 m) che, congiunto attraverso una sella a Monte Grande, costituisce un punto strategico a controllo della Piana Campana e dell’agro trebulano.

I limiti orientali di Camigliano sono delineati dal cosiddetto Colle (168 m), che dall’attuale località Tre Piscine comprende il santuario di Leporano e arriva sino alle falde della Grotta di San Michele. Il Colle, custode di un Sacrario dedicato ai martiri della Seconda Guerra Mondiale, si imposta parallelamente al monte per quasi tutto il suo percorso. Entrambi i rilievi fanno da cornice ad una lingua di terra stretta e allungata che, nascosta dalla loro mole, si snoda presso le loro falde restando isolata dal resto del territorio.

Sul versante meridionale di Camigliano è il massiccio di Monte Tutuli (m 221), ricadente per metà anche nel comune di Vitulazio; ad ovest infine sono i resti di una bassa collina detta “Il Monticello” su cui si innesta la suggestiva chiesa omonima che rappresenta una sorta di confine sacro tra i comuni di Camigliano, Vitulazio e Pastorano.

Il fenomeno dell’erosione delle rocce calcaree ha determinato la formazione di cavità naturali di cui la Grotta di San Michele, lungo le falde meridionali di Monte Pozzillo, rappresenta una straordinaria testimonianza.

Per quanto concerne l’assetto idrogeologico, il territorio è interessato da (un reticolo idrografico articolato in una serie di canali, fossi e rivoli che consentono alle acque di ruscellamento di raggiungere le aree più depresse). Dalle pendici della dorsale sud-occidentale di Monte Pozzillo-Monte di Giano nasce il Rio Maltempo, che (digrada verso la zona valliva della Piana, guidato dai margini dei rilievi carbonatici, dando origine ad un corso d’acqua, lungo complessivamente 13 km, con spiccate caratteristiche torrentizie).

Il paesaggio naturale si conserva solo parzialmente, essendo stato in parte distrutto dall’urbanizzazione e dalla coltivazione di cave moderne che hanno intaccato una notevole porzione di Monte Tutuli e del modesto monte che lo costeggia.

Il centro abitato si sviluppa per lo più nell’area occidentale del territorio, più pianeggiante, con piccolo nucleo ad est costituente il borgo di Leporano e pochi abitati sparsi nella fascia meridionale.

I terreni liberi da costruzioni sono in prevalenza situati ad una quota sopraelevata con pendenze variabili, particolarmente accentuate nelle aree lungo le pendici dei monti; interessati in maggioranza da colture arboree, in particolare pescheti, oliveti e vigneti, si dispongono principalmente nelle aree immediatamente attigue alla zona urbanizzata.

Le più antiche notizie su Camigliano si devono al canonico Antonio de Cesare autore di un manoscritto del 1778, custodito presso il Museo Provinciale Campano. Lo studioso locale attraverso i suoi scritti offre un resoconto di quella che riteneva essere la più antica storia di Camigliano, a cui segue un interessante spaccato del paese nella sua epoca. Le sue teorie storiche appaiono in alcuni casi troppo forzate, ma preziose invece sono le informazioni sui siti archeologici che al suo tempo erano meglio conservati, come le cisterne lungo la strada che conduce a Giano Vetusto o le strutture in opera reticolata presso la Grotta di San Michele e i racconti su ritrovamenti fortuiti avvenuti da parte di agricoltori durante le arature dei campi. Di particolare interesse sono le osservazioni che gli ispirò la lettura di un’epistola di Plinio il Giovane indirizzata al prosuocero P. Fabato, in cui veniva menzionata una “villa camilliana” che costui possedeva in Campania. Sulla base di questa lettera, de Cesare ipotizzò che la villa fosse da ubicare proprio a Camigliano, di cui avrebbe rappresentato il primitivo nucleo abitativo e che si chiamasse “camilliana” in rapporto al toponimo del paese, derivante a sua volta da un tempio antico dedicato al Dio Camillo.

Gli studi di carattere locale proseguono attraverso i contributi dei dotti del 1800 e del 1900, appartenenti come era costume dell’epoca principalmente al clero, che nei diversi secoli hanno perpetuato attraverso i loro scritti le idee di de Cesare.

La zona indagata in passato presentava pochi studi di carattere scientifico, che sono concentrati sull’insediamento fortificato di Monte Castellone La Colla: in particolare il luogo è stato preso in esame principalmente da Amedeo Maiuri e da Gioia Conta Haller, seguiti da altri studiosi che ne hanno ridiscusso soprattutto la cronologia.

La storia degli studi archeologici su Camigliano è stata rivoluzionata dai recentissimi studi di Margherita Di Niola che ha concentrato parte delle sue ricerche di Dottorato su tutta l’area comunale di Camigliano, attraverso la redazione della Carta archeologica di Camigliano edita nel 2016 nell’Atlante Tematico di Topografia Antica.

Le indagini topografiche condotte da Margherita Di Niola nel comune di Camigliano, hanno arricchito il quadro degli insediamenti noti. La presenza di una grotta di origine carsica, quale la Grotta di San Michele, favorì la frequentazione della zona già in età preistorica con l’installazione di un probabile insediamento in grotta, di cui frammenti fittili ne attesterebbero l’esistenza (sito 20a).

I dati delle ricognizioni di superficie hanno rilevato un’assenza di siti per l’età protostorica e arcaica; tale lacuna troverebbe riscontro nei territori immediatamente limitrofi a quello di Camigliano, interessati anch’essi da colture altamente distruttive, che in molti casi potrebbero aver portato alla cancellazione dei siti.

Le successive attestazioni risultano ascrivibili all’età sannitica, epoca della costruzione del fortilizio di Monte Castellone La Colla. La presenza di una sella tra Monte Castellone e Monte Grande pur garantendo un passaggio facilitato che evitando il lungo tragitto del Volturno metteva facilmente in comunicazione i territori di Capua e Cales con quelli di Trebula e Allifae, rappresentava allo stesso tempo un punto vulnerabile per la sicurezza del territorio. Tale problematica venne risolta a partire dal IV sec. a.C., quando il controllo di questo passo strategico venne assicurato dalla costruzione di un insediamento fortificato (sito 1). Il sito di Monte Castellone La Colla, identificato dalla maggior parte degli studiosi come il mons Callicula noto per lo stratagemma di Annibale del 217 a.C., costituisce una straordinaria testimonianza delle forme di insediamenti di altura a controllo e difesa del territorio di età preromana.

La storia del territorio appare successivamente condizionata dalla conquista romana di Cales. La presenza di frammenti ceramici, collocabili tra il IV e III sec. a.C., indizierebbe per una rioccupazione dello stesso fortilizio di Monte Castellone La Colla anche in età romana, con una possibile funzione di avamposto militare. A questa fase, contestualmente con la deduzione della colonia latina di Cales del 334 a.C., appaiono ascrivibili i dati più consistenti rilevati nel corso della ricerca.

L’aumento della popolazione calena comportò una consequenziale riorganizzazione del suo territorio che venne interessato da una divisione regolare. Sebbene le ricostruzioni proposte dagli studiosi sulla centuriazione dell’ager Calenus non sembrerebbero comprendere la zona del comune di Camigliano che, caratterizzata da una vallata circondata quasi totalmente da colline, risulta quasi del tutto isolata dal restante territorio, i dati emersi dalle perlustrazioni attestano tuttavia la presenza di resti che sembrerebbero essere collegati alla città di Cales.

La zona in questo periodo fu interessata da almeno sei ville, distribuite in maniera più o meno regolare sul territorio e ubicate, quasi sempre, in aree sopraelevate chiuse alle spalle dai monti, a dominio della vallata di Camigliano, che dovette costituire un settore più marginale dell’ager Calenus. La loro nascita è ascrivile intorno agli inizi del III sec. a.C., in alcuni casi con una continuità di vita sino all’età imperiale.

La più antica costruzione venne probabilmente realizzata presso l’area dell’attuale santuario di Leporano (sito 6) dove si conservano resti di un ambiente voltato in opera cementizia; contemporaneamente dovette essere costruita un’altra probabile villa, riconoscibile in alcune strutture ipogee con paramento in opera incerta, individuate in via Corte Grande (sito 24). La testimonianza più incisiva è costituita dal sito in località San Michele (sito 20b): si tratta di una villa costruita regolarizzando le pendici di Monte Pozzillo; la struttura, caratterizzata da murature in opera reticolata con ricorsi in laterizi e dotata di una cisterna, venne realizzata in un’area sopraelevata, in prossimità di una grotta di origine carsica, possibile riserva d’acqua ed elemento di forte impatto scenografico. Altri insediamenti analoghi appaiono invece indiziati da affioramenti di materiali ceramici e da notizie di fonti orali (sito 25).

Piuttosto esigui i materiali individuati sul terreno: si tratta prevalentemente di ceramica di uso comune e vernice nera, in numero più ridotto anfore ed opus doliare; di particolare rilievo il ritrovamento di un’antefissa che troverebbe riscontro in prototipi di area capuana (sito 19). Tra la ceramica a vernice nera si riconoscono frammenti caratterizzati da vernice nera di buona fattura, confrontabili con esemplari di area calena; si distinguono da questi, pochi frammenti contraddistinti da caratteristiche tecniche più discrete, che potrebbero essere riconducibili, con la dovuta cautela, ad una produzione locale. La presenza di una fornace sembrerebbe essere infatti attestata da rinvenimenti occasionali in località Villa Camilla (sito 28), che avrebbero restituito anche scarti di lavorazione; la sua esistenza sarebbe inoltre avvalorata dalla presenza delle cisterne in località Colonne Spezzate (sito 31), caratterizzate da una portata d’acqua piuttosto ingente.

La maggiore concentrazione di siti è stata rilevata nella zona ai piedi di Monte Pozzillo dove è possibile ubicare almeno due ville (siti 24, 25) una possibile fornace (sito 28) e un sistema di cisterne a più camere (sito 31), la cui costruzione dovette essere favorita anche dalla vicinanza con il corso d’acqua del Rio Maltempo; sembrerebbe dunque essere stata ad appannaggio di questi siti, ma principalmente della fornace, la costruzione delle cisterne in località Colonne Spezzate che dovette costituire una sorta di serbatoio principale a servizio di tali strutture.

Le aree di necropoli, anche se piuttosto esigue (siti 4, 7, 9, 10), tranne nel caso del sito 7, che sarebbe in continuità con la vicina villa (sito 6), risultano attestate, prevalentemente da fonti orali, nella zona sud-orientale di Camigliano un’area che, almeno dai dati di ricognizione, sembrerebbe essere stata a margine delle strutture. La mancanza di siti, nelle aree libere da costruzioni, nella fascia centrale e sud-occidentale del comune, lascia supporre invece che questo settore fosse quello destinato alla coltivazione.

Non vi sono attestazioni dirette riguardo alla viabilità, ad eccezione di fonti orali che ricordano il rinvenimento di un tratto di strada, probabilmente glareata, sul versante settentrionale del percorso moderno che conduce a Giano Vetusto (sito 29). Questa probabile strada, già ipotizzata da vari studiosi, potrebbe aver costituito un ramo parallelo alla via Latina che da Cales, costeggiando le pendici di Monte Maggiore, avrebbe attraversato il territorio di Giano Vetusto e Camigliano, per poi ricongiungersi a sud con la zona Vitulazio e Bellona.

Le moderne strade che attraversano il comune, connesse alla dislocazione delle ville, potrebbero invece suggerire, e quindi perpetuare, i percorsi dei diverticoli secondari. Una via antica potrebbe essere oggi riconoscibile nella strada comunale Camigliano-Leporano che dall’area di maggiore concentrazione di siti, dove risulta attestata la principale strada, condurrebbe sino al santuario di Leporano (sito 6), per poi dirigersi verso la zona settentrionale del territorio di Bellona, dove la presenza della monumentale villa di Madonna degli Angeli, ne potrebbe confermare l’esistenza. Un’altra possibile strada, parallela a quest’ultima, potrebbe essere costituita dal moderno percorso pedemontano che si snoda tra le falde di Monte Pozzillo e il santuario di Leporano.

Le ultime evidenze archeologiche interessano infine l’età medievale, a cui sono ascrivibili gli insediamenti di Monte Tutuli (siti 11 e 12) e del Monticello (sito 14) il cui inquadramento cronologico puntuale appare di difficile definizione, data l’esiguità dei frammenti ceramici individuati, tuttavia, la loro collocazione su sommità di rilievi ne lascia intuire la funzione strategica come osservatori d’altura.

La nascita del nucleo storico si data all’epoca medievale ed è strettamente connesso alle vicende storiche della vicina Capua e nello specifico al conflitto tra Ruggero II il normanno, divenuto re di Napoli, e Papa Innocenzo II che si oppose al suo disegno di espansione nell’Italia Meridionale. La città di Capua, schierata dalla parte del pontefice, dopo essere stata saccheggiata e rasa al suolo vide i suoi abitanti rifugiarsi nei territori vicini ed in particolare sulle pendici del Tifata, sul Monte Palombara e alle falde del Monte Maggiore.

Nel 1140 alcune della famiglie scampate al massacro cercarono quindi rifugio anche nella zona di Camigliano che divenne sede della loro nuova residenza; di tale evento resta traccia nella toponomastica locale che ricorda i nomi di alcune delle famiglie capuane.

A circa due secoli dopo risale la fondazione del santuario dedicato a Maria Santissima ad Rotam Montium di Leporano, frazione di Camigliano, costruito nel XIV secolo sulle pendici di una collinetta (160 m s.l.m.) ai piedi del Monte Maggiore, da dove ancora oggi domina con la sua architettura in tufo su tutto il territorio di Camigliano.

Nei secoli successivi Camigliano fu suffeudo di Capua e feudo della famiglia Fieramosca che stabilì la sua residenza presso il Palazzo Fieramosca che con il matrimonio tra Costanza Fieramosca – Leognani e Cristofaro Albamonte Siciliano nel 1559 passò nella mani di questa famiglia. Ad anni più recenti risale la chiesa madre di San Simeone Profeta che, costruita nel XV secolo, rappresenta il fulcro religioso della comunità di Camigliano e il luogo di culto del suo santo patrono.

Fonti: M. Di Niola, “Il territorio di Camigliano. I dati archeologici”, in Carta Archeologica e Ricerche in Campania. Fascicolo 9: Comuni di Camigliano, Savignano Irpino, Sperone. Atlante Tematico di Topografia Antica, suppl. XV, 2016, pp. 143-167.

N. Bonacci, Camigliano…dalle origini alla nuova realtà europea, Santa Maria a Vico 2001.

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